[…] Esistono ancora certe popolazioni che usano solo strumenti di pietra e che, per scopi magici, incidono sulle rocce figure di animali. I membri di altre tribù celebrano feste periodiche in cui, camuffati da animali, con bestiali movenze eseguono danze sacre. Anch’essi ritengono, così facendo, di acquistare in qualche modo potere sulla preda. Non di rado sono anche convinti di essere imparentati per chissà quale sortilegio con certi animali, e che l’intera tribù non sia che una tribù di lupi, di corvi o di rane. Sono credenze piuttosto bizzarre, ma non dobbiamo dimenticare che neppure esse sono tanto remote dal nostro tempo come potrebbe sembrare.
[…] Essi sembrano talora vivere in una specie di mondo chimerico in cui si può essere allo stesso tempo uomini e animali.
[…] Tutti, da generazioni e generazioni, hanno appreso il significato di questi riti e ne sono così compenetrati da non avere ormai la minima idea di liberarsene e di giungere a considerare con occhio critico il loro comportamento. Tutti noi abbiamo credenze che accettiamo supinamente tanto quanto i primitivi le loro; e questo avviene, in genere, fino al momento in cui ce ne rendiamo conto perché è arrivato qualcuno a metterle in dubbio. Può sembrare che tutte queste credenze abbiano ben poco a che fare con l’arte, ma, di fatto, esse la condizionano in vari modi. Il significato di molte opere d’arte sta nel sostenere una parte in queste bizzarre consuetudini, e quindi ciò che importa non è la bellezza della pittura o della scultura giudicata secondo i nostri criteri, ma la sua “influenza”, ossia la sua possibilità di avere il desiderato effetto magico.
[…] L’arte primitiva segue questo solco prestabilito, eppure lascia agio all’artista di mostrare il suo estro. La maestria tecnica di certi artigiani tribali è davvero sorprendente. Non si deve mai dimenticare, parlando dell’arte primitiva, che l’aggettivo non vuole alludere a una conoscenza primitiva che gli artisti avrebbero del proprio compito. Tutt’altro: molte tribù antichissime hanno raggiunto un’abilità sbalorditiva nello scolpire, nell’intrecciare canestri, nel conciare il cuoio o nel lavorare metalli. Se pensiamo con quali rozzi strumenti ciò viene eseguito, non possiamo non meravigliarci della pazienza e della sicurezza di tocco acquistata da questi artigiani in secoli e secoli di specializzazione.
[…] Ma queste testimonianze di arte indigena non devono indurci a credere che simili opere siano grottesche solo perché gli artisti non sanno fare di meglio. Non il loro livello artistico, bensì la loro mentalità differisce dalla nostra. È importante rendersi conto di ciò fin dall’inizio, perché l’intera storia dell’arte non è la storia del progressivo perfezionamento tecnico, bensì del mutamento dei criteri e delle esigenze.
[…] In alcune parti del mondo, certi artisti primitivi hanno svolto elaborate tecniche per rappresentare in fogge ornamentali le varie figure e i vari totem dei loro miti. Tra i pellirossa del nordamerica, per esempio, vi sono artisti che a un acutissimo potere di osservazione della natura uniscono un completo disinteresse per quello che noi chiamiamo l’aspetto effettivo delle cose. Cacciatori, essi conoscono la forma esatta del rostro dell’aquila o delle orecchie del castoro assai meglio di noi. Ma basta loro uno solo di tali tratti caratteristici: una maschera munita di un rostro di aquila è un’aquila.
[…] Essi sembrano talora vivere in una specie di mondo chimerico in cui si può essere allo stesso tempo uomini e animali.
[…] Tutti, da generazioni e generazioni, hanno appreso il significato di questi riti e ne sono così compenetrati da non avere ormai la minima idea di liberarsene e di giungere a considerare con occhio critico il loro comportamento. Tutti noi abbiamo credenze che accettiamo supinamente tanto quanto i primitivi le loro; e questo avviene, in genere, fino al momento in cui ce ne rendiamo conto perché è arrivato qualcuno a metterle in dubbio. Può sembrare che tutte queste credenze abbiano ben poco a che fare con l’arte, ma, di fatto, esse la condizionano in vari modi. Il significato di molte opere d’arte sta nel sostenere una parte in queste bizzarre consuetudini, e quindi ciò che importa non è la bellezza della pittura o della scultura giudicata secondo i nostri criteri, ma la sua “influenza”, ossia la sua possibilità di avere il desiderato effetto magico.
[…] L’arte primitiva segue questo solco prestabilito, eppure lascia agio all’artista di mostrare il suo estro. La maestria tecnica di certi artigiani tribali è davvero sorprendente. Non si deve mai dimenticare, parlando dell’arte primitiva, che l’aggettivo non vuole alludere a una conoscenza primitiva che gli artisti avrebbero del proprio compito. Tutt’altro: molte tribù antichissime hanno raggiunto un’abilità sbalorditiva nello scolpire, nell’intrecciare canestri, nel conciare il cuoio o nel lavorare metalli. Se pensiamo con quali rozzi strumenti ciò viene eseguito, non possiamo non meravigliarci della pazienza e della sicurezza di tocco acquistata da questi artigiani in secoli e secoli di specializzazione.
[…] Ma queste testimonianze di arte indigena non devono indurci a credere che simili opere siano grottesche solo perché gli artisti non sanno fare di meglio. Non il loro livello artistico, bensì la loro mentalità differisce dalla nostra. È importante rendersi conto di ciò fin dall’inizio, perché l’intera storia dell’arte non è la storia del progressivo perfezionamento tecnico, bensì del mutamento dei criteri e delle esigenze.
[…] In alcune parti del mondo, certi artisti primitivi hanno svolto elaborate tecniche per rappresentare in fogge ornamentali le varie figure e i vari totem dei loro miti. Tra i pellirossa del nordamerica, per esempio, vi sono artisti che a un acutissimo potere di osservazione della natura uniscono un completo disinteresse per quello che noi chiamiamo l’aspetto effettivo delle cose. Cacciatori, essi conoscono la forma esatta del rostro dell’aquila o delle orecchie del castoro assai meglio di noi. Ma basta loro uno solo di tali tratti caratteristici: una maschera munita di un rostro di aquila è un’aquila.
Ernst H. Gombrich
Dog jumping, acrilici su tela - Gianluca Salvati 1994 |