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Seduto sulla cima della collina di Wat Pusi a Luang Prabang, a guardare nella
dorata pace del tramonto la commovente confluenza del maestoso, grande Mekong
con il Nam Khan, piccolo e impetuoso, la visione di Siddharta m'era tornata
nella mente e m'era parso che quelle acque melmose che si univano e si
confondevano fossero davvero come la vita, anche la mia, fatta di tanti flussi;
e che il passato, il presente e il futuro non fossero più distinguibili fra
loro e fossero tutti lì, in quell'impietoso scorrere: cinquantadue anni già
scivolati via, come nella corrente, verso la foce nel Mar della Cina; gli
altri, quelli che mi restano, già sgorgati dalle falde dell'Himalaya, e già in
cammino, definiti e precisi, contati fino all'ultima ora, lungo lo stesso percorso.
Avessi potuto sedermi ancora più in alto di quella collina, avrei potuto vedere
più fiume, nelle due direzioni. E con ciò più passato, più futuro?
Ero
solo e, come avviene quando si è in mezzo alla natura, senza altra presenza
umana attorno, e la mente si libera dalle costrizioni della logica e la
fantasia galoppa, i pensieri più assurdi mi si affacciavano alla soglia della
coscienza. Sì, forse quello che noi chiamiamo futuro è già avvenuto e solo
perché il nostro punto di vista è limitato non riusciamo a vederlo. Forse il
futuro è davvero già passato ed è per questo che alcuni riescono a «leggerlo»
con la facilità con cui noi tutti vediamo la luce di una stella che in verità
si è già spenta da secoli. Il segreto sta tutto nel togliersi dalla dimensione
del tempo; il tempo come siamo abituati a concepirlo, quello fatto di anni, di
ore, di secondi.
Il
Laos fu psicologicamente una perfetta preparazione al mio decidere di non
volare e di mettermi così, in qualche modo, fuori del tempo.
Come
paese, il Laos, istintivamente, ha per anni scelto di fare lo stesso."