venerdì 20 aprile 2012

Willem de Kooning - disegno e colore | Un contributo di Fabrizio D'Amico

La carnalità è la ragione per la quale la pittura ad olio è stata inventata.
Willem de Kooning

Willem de Kooning, Woman I

[…]  Disegnatore di altissimo livello, nell’uso del nero, del grigio, dei bruni e particolarmente del bianco riesce a sfruttare al massimo la minore abilità quale colorista. Per de Kooning il nero diviene un colore, non lo schema indifferente del disegno, ma una tinta con tutte le risonanze, ambiguità o variabilità del prisma. Steso in modo liscio ed uniforme in forme pesantemente somatiche su di una tela non ammassata, questo nero identifica la superficie fisica del dipinto con un’evidenza che altri pittori ottengono soltanto con pigmento coagulato.
[…]  De Kooning, insieme a Gorky, Gottlieb, Pollock e diversi altri contemporanei, si è ridotto al nero nel tentativo di mutare composizione e disegno della pittura postcubista immettendovi forme più aperte, ora che il canone della forma chiusa (il canone della figura profilata e circoscritta), così come Matisse, Picasso e Mirò, sembra sempre meno adatta a rappresentare il sentimento contemporaneo.
Nell’insieme tale canone non è stato spezzato, ma sembra che la possibilità di originalità e grandezza della nuova generazione di artisti ora al di sotto dei cinquanta anni dipenda da tale rottura.
[…] Non perché fosse fatalmente drammatico l’approdo della sua pittura maggiore: ma perché quell’approdo (se mai de Kooning ne abbia ammesso uno: lui che diceva di ritenere finito un quadro soltanto quando qualcuno o qualcosa faceva si che esso scendesse a forza dal cavalletto, dove, se fosse rimasto, - e così fu per uno dei suoi capolavori, Woman 1, - avrebbe potuto stare, e ogni giorno cambiare, per anni) passava sempre, e fatalmente, per i gesti interminabili, quotidiani,
ossessivi, che egli aveva individuato come necessari alla pittura.
Per questo, per tutti i suoi anni maggiori, aveva steso colore e l’aveva raschiato via dalla tela, aveva scritto segni che aveva poi cancellato, e cento volte aveva allargato gesti che aveva poi sommerso di altri gesti, e colori, e luci; ogni volta diversi, perché ogni volta tentavano di farsi simili, di stringersi alla vita; perché alcuni pittori, e fra essi io stesso, pensano che la pittura, non importa quale pittura, né quale stile di pittura, per essere davvero pittura, sia non altro che una maniera di vivere.
[…] Dentro questi suoi anni estremi, egli, che come Gorky era stato per Picasso, nominò più volte Matisse: ripensò al ritmo della prima Danza: a quella carola rosa intrecciata lieve in uno spazio senza peso, verde e azzurro; ripensò al Matisse gioioso degli anni estremi: e certo intese, in lui e nei colpi netti della sua forbice sulle carte ritagliate, il tesoro nuovo di una semplicità raggiunta dopo tanto pensiero. Ed è, infine, a quella stessa semplicità che, dopo tanto affanno, de Kooning ha voluto e saputo condurre anche i suoi ultimi giorni di lavoro.
Fabrizio D’Amico