Si tratta dell’ingenua, errata credenza che il costante mutamento nell’arte rappresenti un progresso continuo. È pur vero che ogni artista sente di aver superato la generazione precedente ed è vero che,
dal suo punto di vista, ha realizzato un progresso rispetto a tutto quanto era prima conosciuto. Non possiamo sperare di comprendere un’opera d’arte se non siamo in grado di immedesimarci in quel sentimento di liberazione e di trionfo che l’artista deve aver provato di fronte all’opera compiuta. Ricordiamo, però, che ogni guadagno o progresso in una direzione implica una perdita in un’altra, e che, nonostante la sua importanza, a questo progresso soggettivo non corrisponde un incremento oggettivo di valori artistici.
[…] Una volta compresi questi diversi linguaggi, possiamo anche preferire opere in cui l’espressione sia meno ovvia che in Reni. Proprio come si può preferire gente parca di parole e di gesti, che lascia qualcosa all’immaginazione, così ci si può appassionare a quadri e sculture in cui sussista un margine per le congetture e per la riflessione. Nei periodi più “primitivi”, quando gli artisti erano meno abili di adesso nella rappresentazione dei volti e dei gesti umani, è tanto più commovente vedere come tentassero, comunque, di esprimere il sentimento che li urgeva.
Ernst H. Gombrich