“Ebbene cosa c’è di più esaltante ? Creare e distruggere, avere nelle mani questa possibilità. Il prezzo c’è: quando cominci a creare e per tutto il tempo che dura l’operazione, tu sei completamente annullato come individuo, non esisti più all’infuori del lavoro che stai facendo. Io vengo preso da attacchi di insonnia indomabili, non sono in grado di pensare ad altro che non sia il mio film e i miei personaggi. E quando tutto è concluso resto vuoto”.
Prima hai detto che ti senti rinascere.
“Si, come individuo, ma vuoto come artista. Per me che l’ho fatto, il film è vivo fino a quando ci sto dentro, dentro a quel ventre di balena. Ma quando ho girato l’ultima scena, quando ho distrutto il set, la mia comunicazione è finita. Rimane un prodotto, ma quello appartiene al produttore e alla platea degli spettatori. Per me sarebbe come vedere una creatura morta.”
[…] E’ strano, chi ha paura della morte di solito cerca di difendersi attraverso la ripetitività dei gesti, dei luoghi, degli oggetti. Tu no ?
“Io no, e sai perché? Io mi difendo attraverso la ripetitività delle memorie. Ho uno zoccolo di memorie addirittura ossessivo: mi seguono dappertutto, in ogni momento, stanno nel mio cervello, davanti ai miei occhi, entrano nei miei film. Perciò m’importa poco di conservare oggetti e luoghi e persone: il mio modo di difendermi contro la morte è la memoria. Una continua recherche…”