mercoledì 12 novembre 2014

Il monaco di Shu - Li Po | Il grande pino, Paul Cézanne

Il monaco di Shu regge il suo liuto verde, bello,
scendendo a ovest, dalla cima dell'Omei.
Per me, l'ascolto delle sue prime note
ricorda il vento sui pini dello stagno.
Fluendo, l'acqua lava la mia mente di viandante;
il residuo di un eco, nella campagna fredda.
Io non vedo il tramonto sulle montagne blu;
ma chiedo: nel buio chi si curerà delle nubi d'autunno?
Li Po

Il grande pino, Paul Cézanne

martedì 11 novembre 2014

Pittura figurativa contemporanea: "Ciclista", olio su tela di Enrico Cajati | Un testo di Salvatore Vitagliano

[...] Nel ’67 la grande svolta. Enrico Cajati giunse alla determinazione di “mettere tutto sullo stesso piano”; appiattendo quindi quella superficie materica che aveva elaborato con tanti anni di sperimentazione e che lo aveva portato alla Biennale di Venezia (a 28 anni) e tornò a quella fonte originaria dove non più il caso ma la costruzione, la costanza, la tecnica, l’osservanza delle regole saranno principi  a cui cercherà di obbedire per tutto il resto della propria vita.
Ho detto “cercherà” perché un uomo del suo istinto e della sua immediatezza gestuale, musicale, dovette castigarsi notevolmente per raggiungere degli apprezzabili risultati, ma in questo castigo di uomo proiettato nel futuro che voleva raggiungere il passato, sta forse la chiave di tutta la sua grandezza. I suoi piccoli quadri informali divennero bozzetti di un lavoro futuro che ha del pazzesco; egli li cominciò a disegnare su fogli lucidi, poi procedeva allo spolvero e una volta riportato il disegno su tela, iniziava il lavoro di campitura, di chiaroscuro, di velature, e quando il risultato finale non lo soddisfaceva, ecco una tinta nuova ricoprire tutto e di nuovo un nuovo inizio e alla fine un nuovo daccapo, e ancora a ricominciare: un buon dipinto va fatto e rifatto sei volte, diceva, e come il Dio creatore egli lavorava sei volte e non meno di sei giorni all’Opera che era tutto il suo mondo. Ma il suo non era un cancellare, bensì un ricoprir di veli, e solo occhi attenti alla pur minima vibrazione di colore potevano catturarne le infinite sequenze di quelle luci nelle tenebre. 

Ciclista, olio su tela di Enrico Cajati
E in verità non furono molti, benché in tanti ne fossero incuriositi, i veri intenditori furono pochissimi ma tutti di gran qualità. Cajati godeva della fiducia incondizionata di Perez (Augusto, scultore), di Luca (Luigi Castellani, pittore), e di illuminati collezionisti come R. Marrama, R. Criespo, Cafarelli. 
Salvatore Vitagliano

lunedì 27 ottobre 2014

La nipote di Franco Chirico e la cricca catto-fascista del Codazzi | Una Caracas da bere: Ruben Zambrano e il Club de la Guardia

Quando ritornai a lavorare nel gennaio 2005, ripresi anche le uscite serali in quel di Caracas. Una Caracas da bere.
Il collega di uscite, Giuseppe Rinaldi, era ritornato dall'Italia più baldanzoso che mai. Baldanzoso è il termine adatto per uno sovrappeso che ami danzare la salsa e gli altri balli caraibici... Il bello è che se la cavava piuttosto bene.
Io ero debole e necessitavo ancora di riposo, ma avevo anche bisogno di vedere un po' di vita, dato che ero fresco reduce dal mondo dei morti, o degli spiriti, se preferite. 

Fortunatamente avevo ricominciato la scuola di mercoledì, per cui il fine settimana arrivò prima del solito. Giuseppe mi disse che era in contatto con Ruben Zambrano, l'insegnante di educazione motoria del Codazzi. Quel venerdì, infatti, si festeggiava il dia del maestro e a scuola ci fu il solito brindisi (non essendo riusciti a farmi fare fuori, mi festeggiavano, quegli infami...).  
Durante il brindisi Giuseppe Rinaldi e il prof di educazione fisica parlarono per del tempo. 
Quando ci vedemmo in serata, al solito bar di plaza Chacaito, Giuseppe mi disse che Ruben gli aveva scritto un messaggio. Il prof di motoria era in serie difficoltà: lo assediavano varie femmine e richiedeva il nostro intervento. Più che un messaggio pareva un Sos...
Come potevamo rifiutare?
Terminammo le nostre birre e ci mettemmo in viaggio. Destinazione: Club de la Guardia.
Raggiungemmo il nostro collega ancora incolume che ci presentò una intera comitiva di gente. Almeno tre figliole erano di mio gradimento.
Il Club de la Guardia era una sorta di dopolavoro dell'esercito venezuelano. Era distribuito su un'area abbastanza grande e si entrava solo per conoscenza. Non mi dispiaceva perché era per lo più all'aperto, semplice e popolare. La musica non era chiassosa, e pazienza se c'era solo musica locale. Era un luogo ideale per chi sapeva ballare i ritmi caraibici.
Il gruppo di Ruben era situato in una zona che terminava con un cortile. Sul muro di quel cortile era dipinto a lettere cubitali la scritta "Barinas linda!". Omaggio al luogo che ha dato i natali al presidente Chavez. Alcune amiche di Ruben mi fecero un corso accellerato di salsa venezuelana. Molto istruttivo, anche se sono stato un pessimo allievo.
Ad un certo punto della serata, me ne andai a fare un giro per il club. C'erano zone poco illuminate con cespugli e aiuole ed altri spazi coperti dove la gente ballava. Nel complesso dava l'idea di un luogo molto frequentato ma tranquillo. 
Durante il mio giro di ricognizione vidi, per la prima volta, la nipote di Franco Chirico. Era il 14 gennaio 2005. La vidi senza conoscerla e senza essere visto da lei che parlava animatamente con una ragazza della comitiva. Una di quelle che mi piacevano, per intenderci. Forse fu proprio per cercarla che vidi la nipote di Franco Chirico, massimo editore del Cammino Neocatecumenale e amico personale di Kiko Arguello, nonché capo-setta della comunità frequentata dai miei genitori. 

Franco Chirico e la setta neocatecumenale

Parlava la sciacquetta, in una zona poco illuminata, ma più precisamente impartiva istruzioni. Quella tipa dalla faccia slavata aveva 25 anni circa, gli occhiali e i capelli castani non molto lunghi, legati dietro con una piccola coda. Aveva lo stesso piglio della Greco (Anna Grazia, una fuorilegge a Caracas), ovvero lo stesso modo del cazzo di blaterare senza ascoltare. Odiosa solo a vedersi.
Quello del Club della Guardia è stato il primo di 3 incontri certi, che ho avuto con quella troia della nipote di Franco Chirico. ma non escludo di averla avuta tra i piedi in diverse altre occasioni, dal momento che aveva frequentato il Codazzi e abitava a due passi da casa mia...

venerdì 19 settembre 2014

Cézanne di Marisa Vescovo | Opera d'arte assoluta

Sia Merlau-Ponty che Lyotard riconoscono, nell'opera di Cézanne, una ricerca intesa a sottrarsi alle categorie dominanti del pensiero occidentale. Da ciò lo scontro con pregiudizi e incomprensioni talmente grandi da insinuare nel pittore addirittura il dubbio paradossale che la novità della propria arte fosse legata a un modo di dipingere che dipendeva soltanto da un difetto alla vista.
L'apprezzamento di Merlau-Ponty per l'opera di Cézanne sembra nascere soprattutto dall'opinione che nella pittura moderna - della quale il maestro di Aix è ritenuto il profeta - l'artista attinge alla vita percettiva, all'esperienza corporea in modo più diretto e consapevole di quanto non accadesse in precedenza.
[...] "Le ricerche di Cézanne nel campo della prospettiva", sottolinea Merlau-Ponty, "scoprono, in virtù della loro fedeltà ai fenomeni, quanto la psicologia recente doveva formulare. La prospettiva vissuta, quella della nostra percezione, non è la prospettiva geometrica o fotografica".
[:::] Afferma Lyotard: " Il lavoro critico iniziato da Cézanne, proseguito e allargato da Delunay e Klee, dai cubisti, da Malevic e Kandinsky,   mostra come non si trattasse più di produrre un'illusione fantasmatica di profondità su uno schermo trattato come un vetro, ma di porre invece in rilievo le proprietà plastiche (linee, punti, superfici, tonalità, e colori) di cui la rappresentazione si serve solo per "cancellarle", come se non si trattasse più di esaudire il desiderio con l'illusione, ma di deluderlo metodicamente, mostrandone i meccanismi".
"Nella rappresentazione, insomma, è essenziale la realizzazione dell'irrealtà, il "fantasma"; nell'ultimo ventennio del secolo scorso, invece, l'oggetto si viene raffigurando, secondo Lyotard, come "staccato da ogni legge simbolica". Ciò è quanto avrebbero saputo cogliere Marx nel campo del'economia e Freud in campo psicanalitico, con il concetto di libido; ed è anche quanto si sarebbe manifestato, in campo pittorico, con la volontà di dipingere un'opera d'arte "assoluta", priva cioè di ogni valore referenziale.
Cézanne,  Marisa Vescovo

Paul Cézanne, Pino vicino ad Aix, olio su tela

mercoledì 6 agosto 2014

La ragazza di Piero Armenti e il disegno a linea continua | Bellas Artes: l'artista di strada

Tra i miei luoghi preferiti a Caracas, c'era la zona di Bellas Artes, coi suoi musei (gratuiti), mercatini di artigianato e un parco verde abbastanza grande e ben tenuto. Quando cominciai a frequentare la ragazza di Piero Armenti, capitava spesso che ci incontrassimo a Bellas Artes. Un pomeriggio eravamo seduti ai tavolini di un bar nei pressi della fermata di Bellas Artes della metro, quando ci avvicinò una signora che lei conosceva e ci propose un ritratto a linea continua. La ragazza di Piero Armenti disse che andava bene, così la signora, che per me era una ragazza, andò a procurarsi un foglio.

Venne e prese a disegnare con una biro verde, senza staccare la punta dal foglio. 

Disegno a linea continua con la ragazza di Piero Armenti

Prima disegnò la mia testa, una montagna, poteva essere il monte Avila, che sovrasta Caracas. Poi disegnò lei in lontananza, i suoi capelli diventavano uccelli e poi mare e  palme. Il paesaggio tropicale con noi due.


C'era inoltre un altro occhio sopra le rocce dell'Avila, che in un primo momento avevo interpretato in chiave cubista, come il mio stesso occhio visto di fronte; invece è l'occhio di qualcuno che si nasconde o guarda da lontano. Ed è un occhio chiaro, ceruleo.


La ragazza di Piero Armenti, io e l'occhio sopra le rocce

Se dovessi dire a chi appartiene quell'occhio, nella ristretta cerchia di persone che frequentavo a Caracas, credo che sceglierei proprio Piero Armenti, di ci mi era già giunta voce che il tipo era da evitare, date le sue frequentazioni particolari (era di casa al Consolato Generale di Caracas, reame di Anna Grazia Greco).
Ma era questo il messaggio di quel disegno a linea continua?  Vediamo... 

Dal nome latino Petrus, tratto a sua volta dal greco Petros, col significato di pietra (dal termine petra, comune a entrambe le lingue). Il nome greco, dal canto suo, è la traduzione dell'aramaico Kephas, che, tratto dal termine kefa, significa per l'appunto pietra, roccia. È quindi analogo per semantica al prenome Sten.

Questo nome, storicamente, affonda le sue radici nel Cristianesimo e in particolar modo nel culto di San Pietro, ritenuto essere il primo papa dalla Chiesa cattolica. Proprio a lui si lega l'origine del nome Pietro, che, come sostenuto dagli apostoli Matteo e Giovanni, venne così chiamato dallo stesso Gesù Cristo: celebre è il passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice a Pietro "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa".

A proposito delle varianti del nome, Piero e Piera si sono già formati a partire dal Medioevo (vedi Piero). Le forme Petro e Petra, invece, sono in parte dovute all'influenza del latino ecclesiastico, soprattutto nel Meridione. La forma femminile Pietra può derivare dalla devozione per "Maria Santissima della Pietra", patrona di Chiaravalle Centrale.
 


Sembrerebbe proprio di si: quell'artista di strada mi stava dicendo, tramite quella sorta di rebus a linea continua, che la ragazza che stavo frequentando era un'esca per tenermi sotto controllo.

Una volta terminata l'opera, la ragazza di Piero Armenti la pagò, direi piuttosto bene, e fu anche molto gentile con l'artista di strada. Quando la signora andò via, lei mi raccontò la sua storia. Era un'artista di strada in quanto viveva per strada ed era malata: aveva un tumore all'orecchio, quando ci aveva avvicinato aveva parlato di comprare delle medicine. Alla fine della narrazione lei concluse che il disegno dovevo tenerlo io. E così fu. 
Ma non credevo che quel disegno potesse essere così importante.
Di lì a un mese, la ragazza di Piero Armenti mi riportò la notizia della morte di quella signora che in realtà era ancora una ragazza. Non credo avesse più di 30 anni.
Poco tempo dopo, "il mago", un suo conoscente, amico di Piero Armenti, fece girare voce che voleva le foto dei suoi disegni, per farne un non meglio precisato "archivio". 
Anche il nostro ritratto a linea continua, era sottinteso. La riproduzione non l'ha mai vista, almeno fino ad oggi...